Siamo nel VII secolo e a governare una vasta parte della Penisola sono Agilulfo e Teodolinda, regnanti piuttosto illuminati (lui primo re cattolico pacificatore del nord Italia, lei amica di Papa Gregorio Magno).
Con la loro guida i Longobardi, giunti nel secolo precedente in Italia da conquistatori, organizzarono e rafforzarono il proprio potere sul territorio, assicurandosi il controllo dei valichi appenninici che collegavano la capitale del Regno, Pavia, e l’area ligure-tirrenica. Controllo essenziale che non si attuava solo con le armi, ma anche attraverso l’istituzione di monasteri regi in collocazione strategica, a presidio delle maggiori vie di transito, e al tempo stesso fondamentali centri di irradiazione della religione cristiana.
Nel 612 giungeva in Italia, diretto a Roma, il monaco irlandese Colombano, dopo aver a lungo peregrinato per l’Europa centro-settentrionale.

Era nato intorno al 540 nella regione di Leinster e si era formato presso l’importante centro monastico di Bangor, ma sentì che la sua missione era l’apostolato fuori dai confini della sua isola e partì, compiuto il quarantesimo anno d’età, portando il Vangelo in Gallia, nella Germania del sud e in Svizzera; lungo il suo cammino, ad Annegray, Fontaine, Luxeuil e San Gallo, fiorirono cenobi in cui si praticava la Regola da lui istituita.
Nel nord Italia, dall’incontro tra la spinta evangelizzatrice colombaniana e la lungimiranza dei sovrani cristiani iniziava la storia di una delle istituzioni religiose e culturali più importanti del Medioevo: intorno al 613 veniva fondato il monastero di Bobbio. Il sito prescelto era una località collinare nella valle del Trebbia, posta lungo il Caminus Ianuae, l’antica via per Genova. Un piccolo villaggio, sino a quel momento legato soprattutto allo sfruttamento delle saline – assegnate al condottiero longobardo Sundrarit – i cui destini erano destinati a mutare completamente.
Colombano morì poco tempo dopo proprio qui, nell’anno 615, il giorno 23 novembre (data in cui ne ricorre la festività nel calendario liturgico), e i suoi successori portarono avanti la missione del fondatore rendendo sempre più grande il monastero.
Monaci provenienti da tutta Europa a Bobbio lavoravano per tramandarci i fondamenti della nostra cultura.

Nei secoli prima del Mille, quelli della più gloriosa stagione del monachesimo bobbiese, mentre i possedimenti del cenobio si estendevano in misura sempre maggiore lungo il bacino del Trebbia e nelle valli limitrofe, i monaci venuti da tutta Europa lavoravano per custodire e tramandare il sapere producendo nello scriptorium splendide pagine miniate a cui dobbiamo la sopravvivenza e il tramandarsi dei pilastri fondamentali della nostra cultura.
Vennero le Crociate, e lasciarono anche a Bobbio il loro segno, tra le tessere del raro mosaico pavimentale del XII secolo emerso al di sotto dell’attuale Basilica di San Colombano, in cui biblici cavalieri si affrontano evocando sanguinose lotte in terre lontane, mentre il trascorrere eternamente ciclico del tempo è rappresentato dai lavori dei Mesi associati ai simboli zodiacali.
Il monastero perdeva intanto via via la sua importanza e la sua centralità, gli usurpatori si impadronivano dei suoi beni e al potere nella zona si avvicendavano i Malaspina, a cui si deve la costruzione del castello trecentesco che sovrasta l’abitato, e i Dal Verme, stirpe di origine veronese che ottenne il feudo di Bobbio nel Quattrocento.
Sul lungo ponte di Bobbio passa la storia dell’evangelizzazione anche grazie al diavolo

Tutto tra le case in sasso lungo i vicoli del borgo racconta oggi la storia di Colombano, che riposa nella cripta della Basilica, e delle moltitudini di pellegrini che, andando come lui per le strade d’Europa, non mancarono di fermarsi qui per pregare sul sepolcro del Santo, lasciando presso di esso cimeli sacri provenienti dalla Terra Santa giunti sino a noi e conservati nel Museo dell’Abbazia, insieme a preziose testimonianze di scultura tardoantica e altomedievale.
A perpetua memoria di Colombano corre da almeno un millennio tra una riva all’altra del fiume anche il celebre Ponte Gobbo, che una leggenda vuole sorto in una sola notte. Spinto dall’esigenza di andare al di là del Trebbia per portarvi il messaggio evangelico, il Santo giunse a gabbare nientemeno che il demonio promettendogli l’anima del primo essere che avesse attraversato il ponte in cambio di una costruzione rapida. Ottenuta la struttura, retta da undici arcate irregolari per la diversa altezza dei diavoli che vi prestarono le loro schiene, il monaco irlandese vi fece passare un animale – un orso, o forse un cane -, vincendo sul maligno che attendeva invano di poter ghermire un’anima.