“Ma che differenza c’è tra panigacci e testaroli?” Se vivete tra Deiva Marina e la Lunigiana, vi sarete sicuramente sentiti fare questa domanda mille volte. Altrettante volte vi sarà capitato di non riuscire a dare una risposta certa e convincente o di ascoltare spiegazioni diverse e contrastanti.
La verità è che panigacci e testaroli sono due piatti tipici della cucina povera della Lunigiana che nascono da un impasto molto simile (quello dei panigacci è appena più denso), ma differiscono quanto a preparazione e consumo (anche se va ammesso che c’è qualcuno che adora confondere le idee, servendo i panigacci come per tradizione si fa con i testaroli).
Come abbiamo già fatto anche per la farinata (se vi interessa scoprirne la storia, leggete qui), proviamo a scoprire di più su questi piatti.
L’impasto comune
Tanto i panigacci quanto i testaroli nascono da una semplicissima pastella di:
- acqua;
- farina;
- sale.
Niente di più semplice da preparare anche a casa. In generale la pastella è un po’ più densa per la preparazione dei panigacci e un po’ più fluida per i testaroli, ma la differenza tra i due piatti non sta certo in questo. Diversa è la cottura, che richiede – per la preparazione come da tradizione – il forno a legna ed è quanto rende difficile replicare la ricetta sui fornelli casalinghi.
I testaroli, giù da Pontremoli

Tra le due specialità, i testaroli sono quella che oggi ha maggior successo commerciale anche a livello nazionale. È dunque più facile trovarli al supermercato anche al di fuori della Lunigiana e dello Spezzino.
Sono un piatto più precisamente tipico di Pontremoli, anche se ne esiste una versione originaria della zona di Sarzana e della bassa Val di Magra (che si differenzia dalla prima per essere cotta su un testo di ghisa e risultare molto sottile; altro elemento di differenza è che i testaroli nella bassa Val di Magra non vengono lessati).
I testaroli pontremolesi – quelli maggiormente conosciuti e diffusi – sono grossi dischi di pasta (in commercio si trovano in grosse buste plastificate e sottovuoto), facili da ripiegare su stessi, che devono il loro aspetto alla cottura in grossi testi di ghisa.
I testaroli pontremolesi vengono rapidamente bolliti in acqua e conditi con olio e parmigiano, pesto e sugo. I testaroli pontremolesi saranno tagliati a pezzi, mentre quelli sarzanesi saranno più piccoli, interi e di forma tonda.

I panigacci, nati dai testi di coccio
I panigacci sono diffusi in quasi tutta la Liguria e la Lunigiana, ma non c’è dubbio che casa loro sia il comune di Podenzana. La differenza con i testaroli, tuttavia, non è dovuta solo al comune di origine.
Ciò che fa dei panigacci i panigacci è la cottura. La preparazione prevede che la pastella sia versata in piccoli testi di terracotta piani e con un piccolo bordo rialzato. Dopo averli riempiti, i testi vengono impilati uno sopra l’altro, in modo che la pastella rimanga schiacciata. Per la cottura, i testi ripieni di pastella possono essere arroventati ponendoli sul bordo del forno, oppure impilati e riempiti dopo essere stati arroventati con su una grata con sotto la legna del camino. È il calore accumulato dalla terracotta a cuocere i panigacci.
Così schiacciata, la pastella cuoce rapidamente. Tirati i testi fuori dal forno, i panigacci vengono staccati dallo strumento di cottura e serviti ancora caldi (spesso in piccoli cestelli) da mangiare con salumi, affettati e formaggi spalmabili.