Cresce l’interesse per le più straordinarie cave di marmo, con cave di marmo tours alla ricerca del bianco, quello abbagliante della pietra delle montagne di Carrara. Ma anche del lardo, “candido” salume tipico di queste parti, e del vino con cui lo si accompagna sempre nelle trattorie, quasi rifugi negli antichi borghi lassù. Culture e usi, storie di escavazione del marmo e archeologia industriale che affondano le loro radici in tempi antichissimi, e passano dal grande Michelangelo, che qui trascorreva molto del suo tempo alla ricerca di ispirazione e di bellezza.
Le cave di Michelangelo
Durante il tour delle cave di marmo, provate a Immaginarvi l’autunno 1497: Michelangelo Buonarroti ha appena 22 anni e gli è appena stata commissionata niente meno che la Pietà dal Cardinale francese Bilhères Lagraulas. Viene a Carrara a sella di un cavallo grigio, visita la Cava del Polvaccio e a sua volta commissiona un carico del marmo locale allo scalpellino Matteo Cuccarello, che si impegna a mandare all’artista la pietra al più presto, nonostante stia per iniziare l’inverno, stagione quasi proibitiva per lavorare in cava.
Il materiale arrivò poi a Roma molto in ritardo, tanto che il Vescovo fu indotto a scrivere al Marchese Malaspina per sollecitarne l’invio. Anche se non se ne sa molto, è probabile che l’impedimento fosse dovuto proprio a una gabella che il feudatario lunigianese imponeva sull’estrazione del prezioso materiale.

La piccola grande storia passa dal piccolo grande feudo
Eh già, per immaginarci Carrara, dobbiamo immaginarci il feudo di Massa, sovrastato dalla grandiosa Fortezza dei Malaspina.
Tre anni prima, nel 1494, tra le mura del sontuoso castello era capitato Carlo VIII, armato Cavaliere.
Proprio quell’anno, nella fortezza nacque Ricciarda Malaspina, figlia unica del sovrano, che nonostante il sesso era destinata a diventare Marchesa di Massa, Signoria di Carrara, Moneta ed Avenza ed importante emissaria toscana a Roma.
Sei anni dopo, nel 1500, era invece di passaggio Jean de Beaumont, inviato dai francesi in aiuto di Firenze contro Pisa, e così, appunto, en passant, confiscò Massa e altri territori ad Alberico e li consegnò allo zio Gabriele II Malaspina, suo acerrimo nemico,.
«… poiché il primo anno d’Julio, che m’allogò la sepoltura, stetti otto mesi a Carrara a lavorare i marmi… E adì nove di detto, ebbi da Domenico Boninsegni ducati duecento per andare a Carrara per detti marmi del Cardinale»
Michelangelo Buonarroti
Le visite a Carrara dell’artista segnarono la sua attività, e di fatto la sua maturazione e conoscenza. Stando accanto ai cavatori di Carrara, conoscendo la loro vita di sacrificio e pericolo, e con gli scalpellini locali, esperti conoscitori della lavorazione del marmo, Michelangelo imparò tantissimo. E di certo lui era un ospite gradito, giacché i suoi erano sempre committenti che non badavano a spese.
È il 1505, Michelangelo deve realizzare la sua opera più sofferta e più volte modificata: il monumento funebre a Papa Giulio II: in quell’occasione, per la prima volta cominciò a sbozzare il blocco di marmo a Carrara, e in seguito si rivolse ad alcuni proprietari di barche ad Avenza per il trasporto verso Roma.

Nel 1516, Michelangelo ancora non ha finito di completare la complessa opera sepolcrale. Il nuovo Pontefice, Leone X insisteva per l’utilizzo delle cave di Pietrasanta perché, essendo lui un Medici, voleva dare il lavoro, e quindi le gabelle, alla città di dominio mediceo. Ma…
Michelangelo non lasciò Carrara.
Le sue scelte proprio in questa congiuntura della sua vita fanno anzi pensare che lo spirito notoriamente ribelle e tormentato dell’artista ben si adattasse a quello dei cavatori, che tra le loro montagne e il loro lavoro forgiavano già all’epoca il loro tradizionale spirito anarchico. Il trentennale rapporto con la città del marmo fu travagliato, ricco di litigi, ma anche di reciproco riconoscimento, di passione.

Nel 1515 Michelangelo aveva infatti preso casa a Carrara e addirittura fondò una società con Leonardo Cagione, cavatore, per escavare e guadagnare sulle forniture del marmo alle committenze. La società ebbe fortuna fino a che gli animi litigiosi non giunsero a screzi irreparabili riguardo a tempi di consegna. Insieme a tensioni con Alberico, questo fu il motivo per cui, per un periodo, Michelangelo dovette rivolgersi alle cave versiliane, anche se per poco tempo perché, essendo cave nuove, chi vi lavorava era del tutto inesperto rispetto alla grande competenza dei carraresi.
Del 1525 è una delle ultime testimonianze della presenza dell’artista in città, e la firma di Michelangelo nella cava di Fantiscritti, insieme a quella di tanti cavatori, a testimonianza della sua presenza, sempre insieme alle maestranze, sempre vicino alla pietra.

Kayak tour nel Golfo dei Poeti
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Nel Luglio 2017, in cava compare la street art, in omaggio a Michelangelo
Lo street artist Eduardo Kobra ha realizzato in 4 giorni, nel Luglio 2017, uno straordinario murale nelle Cave di marmo di Carrara raffigurante il David di Michelangelo e simboleggiante il ritorno all’origine dell’arte. Alta 10 metri, l’opera mantiene pienamente la cifra stilistica dell’artista, con i suoi rombi colorati si trovano ormai in tanti murale sparsi in utto il mondo.
La foto in copertina è il David di Kobra da Arttribune.com